mercoledì 15 marzo 2017

Premiati per fare figli

In un momento storico come questo bisogna rimettere i bambini al centro della vita. 
Non sono parole mie ma di un imprenditore vicentino, Roberto Brazzale, titolare di una azienda lattiero-casearia, che ha deciso di compiere un passo concreto e significativo per incentivare i suoi dipendenti a diventare genitori. 
Una notizia che ho letto con sorpresa e anche con estremo piacere.

In un articolo apparso oggi su Repubblica vine raccontata la sua iniziativa, decisamente controcorrente nell'attuale sistema Italia: uno stipendio in più ai dipendenti che diventano genitori. Il bonus è valido sia per gli uomini che per le donne e anche in caso di adozione.

La notizia fa scalpore in un Paese dove la regola sono le dimissioni firmate in bianco dalle donne al momento dell'assunzione, o il licenziamento che scatta al primo anno di vita del bambino. Secondo l'Istat nel 2016 è stato un anno nero per le nuove nascite: la popolazione italiana è addirittura diminuita.

Da donna, da mamma e da lavoratrice posso affermare con certezza di essere finita anche o nella spirale negativa del mondo del lavoro che penalizza fortemente le donne che scelgono di essere madri. Due sono le cose che mi hanno colpita fortemente nella mia esperienza:

1. La rassegnazione. Se raccontavo di aver dovuto rinunciare o perso un lavoro a causa della mia gravidanza o quando mi è stato preannunciato un licenziamento al compimento del primo anno di mio figlio, le persone mi guardavano scuotendo la testa e dicendo: "si sa che le cose vanno così", come se non ci fosse altro da fare, come se pretendere un trattamento diverso fosse qualcosa di strano.
E invece no, perchè qualcuno la pensa diversamente.

2. La cattiveria di alcune donne. Le donne, se sono amiche, sono delle grandissime amiche. Sono favolose. Io ho amiche dai tempi dell'asilo di cui mi fido ciecamente. Ma talvolta le donne non sono capaci di fare squadra. Non sono capaci di difendersi a vicenda. Io non critico le donne che scelgono di non diventare madri, perchè non se la sentono o perchè preferiscono la carriera. Non siamo tutti uguali a questo mondo e ognuno ha il diritto di impostare la propria vita come meglio crede. Ma io sono stata criticata da alcune di loro per la mia scelta di diventare madre. 
Cosa ho fatto? Nulla. Non ho detto nulla perchè ho provato pena.
Pena per la loro ristrettezza mentale, pena per la loro poca sensibilità, pena per la loro pochezza.
Una lavoratrice che diventa madre non lo fa per fare un torto all'azienda o ai colleghi: è una scelta di vita di cui beneficia tutta la comunità.
Sarà sulle spalle dei mie figli e dei loro coetanei che si reggerà la società del futuro, a patto che questa società sia capace di invertire la tendenza attuale e non li spinga ad abbandonare il territorio nazionale.






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