giovedì 25 luglio 2013

Lavoro per mamme

Parlando con una signora filippina mi sono resa conto che vivo in un Paese più arretrato di quanto credevo.

Mi chiedeva del lavoro, della vita in generale.
Parlavamo soprattutto delle donne, delle mamme. Mi chiedeva come ci organizziamo per tornare al lavoro dopo che abbiamo avuto un bambino e quanto tempo dopo la nascita dobbiamo rientrare.

Io le ho spiegato che per legge dobbiamo stare a casa per tre mesi dopo la nascita del piccolo, dopo possiamo prendere qualche mese di aspettativa retribuita, ma inferiore allo stipendio. Finito questo periodo per un pò possiamo stare ancora a casa a stipendio zero.
Sempre che ci sia un posto dove tornare.

Perchè le ho anche raccontato che molte donne che scelgono di diventare madri perdono il lavoro. I contratti, se a termine, non vengono rinnovati. Altre invece vengono licenziate quando il bambino compie un anno e finisce il periodo in cui la legge le tutela.

Era sconvolta.Mi ha chiesto: "Perchè?. In fondo non paga l'Inps?"
"Sì".
"E allora perchè le aziende licenziano?"
"Perchè una mamma è vista come un peso"
All'ennesimo perchè ho potuto solo rispondere che è così e basta. Che le cose in Italia funzionano in questo modo.
Io, ovviamente, non condivido. Perchè una mamma secondo me ha una grande potenzialità dal punto di vista lavorativo, a patto che si realizzino determinate condizioni. Penso questo: noi lavoratrici che scegliamo di avere figli non siamo donne abituate a fare la vita da casalinghe, anzi. Il periodo di lontananza dal lavoro ci va un pò stretto. Abbiamo studiato, siamo abituate ad avere la nostra indipendenza economica, abbiamo degli obiettivi personali che speriamo di poter conciliare con la famiglia. Una mamma è anche una donna e il lavoro per molte è parte della propria realizzazione. Non si tratta di egoismo nei confronti dei figli, si tratta di avere ancora una dimensione propria che prescinde dall'ambito familiare.
Una donna realizzata secondo me è una madre migliore.

Le difficoltà che impediscono tutto ciò sono ben note e si riassumono nella carenza di aiuti e strutture a sostegno delle madri lavoratrici. E qui il cerchio si chiude. Una mamma che lavora non può fare straordinari perchè i cancelli delle scuole chiudono tassativamente a quell'ora, non può permettersi una tata perchè gli stipendi sono quello che sono, se la scuola sciopera o se il bambino si ammala non si sa a chi rivolgersi.

Avere un part time sarebbe il top per ogni madre. Ma in Italia l'idea del part time è ancora poco diffusa.
Sono convinta che una donna può essere più produttiva in 6 ore che in 8. Un orario di lavoro limitato ti consente infatti di andare a prendere tuo figlio senza doverti scapicollare correndo come una pazza perchè il capo ti ha chiesto un lavoro urgente 5 minuti prima dell'orario di uscita.Non esisterebbero poi i sensi di colpa nei confronti dei figli, in fondo, se lavori mentre loro sono a scuola non gli togli niente, no?

Invece quello che sento e quello che vivo è una realtà in cui sei giudicato un bravo lavoratore non se sei produttivo, ma se stai con il culo attaccato alla sedia oltre il tuo orario. Visite mediche, famiglia, esigenze personali devono venire dopo.
Questa è un'anomalia del nostro Paese, diciamolo.
Come ho scritto in questo precedente post, una mamma mi ha raccontato che la sua azienda (multinazionale americana) le ha concesso il part time dopo la nascita della figlia perchè la direzione è convinta che una lavoratrice soddisfatta sia più produttiva di una insoddisfatta.

Trogloditi, perchè non lo capite?

Nelle filippine, mi diceva la signora di cui sopra, non funziona così.
Non esiste il concetto di perdere il lavoro perchè si diventa mamme.
Lei, che ha da poco superato i 40 anni, ha già versato i contributi che le permettono di andare in pensione a 55 anni con il minimo previsto. Ma visto che continua a lavorare e a pagare i contributi a suo tempo avrà una bella pensione. Gli uomini invece devono arrivare a 60 anni per smettere di lavorare. "Come fate voi in Italia ad andare in pensione così tardi?"
"E' fatto apposta - le ho spiegato - i nostri governanti sperano che la gente muoia prima di andare in pensione, così hanno aumentato gli anni di lavoro. Non ci sono i soldi per pagare le pensioni perchè per decenni hanno sperperato i soldi e le risorse che dovevano costruire il nostro presente. Noi dal punto di vista lavorativo siamo una generazione spacciata, possiamo solo sperare che in futuro sarà meglio per i nostri figli".
(Aggiungiamo poi che abbiamo avuto a governarci persone come che ci consigliavano di emigrare per trovare lavoro. Scusa, ma tu che dici ste minchiate, non sei pagato/a per risolvere questi problemi? Inizia tu ad emigrare tanto è chiaro che il tuo stipendio è buttato).

Ho concluso questa conversazione un pò sconcertata. "I filippini" che abbiamo sempre considerato come quelli in difficoltà che vengono a lavorare in Italia, in realtà ci danno una pista. Con quello che guadagnano qui in un periodo limitato di tempo possono costruire nel loro paese un futuro che noi non avremo mai.
E udite, udite: sono molti gli italiani che sono andati ad abitare lì.

D'altro canto però mi rifiuto di pensare solo negativo. Insomma è nei momenti di crisi e in quelli negativi che le cose possono migliorare.  Ci sono infatti tante donne che hanno perso il lavoro perchè malate di mammite ed è proprio grazie a questa "malattia" che si sono reinventate.
Ma questo è un argomento che merita un post a parte.
Stay tuned.


2 commenti:

  1. Sono perfettamente d'accordo con te! Sembra assurdo che noi donne in Italia dobbiamo ancora essere così discriminate e che ancora per noi si debba parlare di SCELTA tra figli e lavoro... Ma perchè mai una mamma dovrebbe smettere di essere anche una donna, una lavoratrice, una moglie ecc. ecc.??? Io mi trovo ancora a combattere non solo con la mancanza di aiuti da parte dello Stato, ma anche con una mentalità -purtroppo ancora dilagante!- per cui se una donna sceglie di tornare a lavorare e di dedicarsi anche ad altro oltre che ai figli, al marito e alla casa... beh... quasi si deve giustificare per questo! Ma qual è la colpa? Davvero non capisco... Stento a comprendere, perchè ritengo da educatrice, da madre e da persona pensante che un bambino abbia bisogno di serenità prima di ogni altra cosa e che la serenità del bambino dipenda da quella di chi gli sta attorno. Ora, se una donna -una volta mamma- decide liberamente di dedicarsi solo alla famiglia, ben venga! Se quella è la sua dimensione, tanto di cappello a lei e alla sua scelta! Ma la parola "scelta" presuppone la libertà di poter decidere tra più opzioni e, eprciò, se una donna -una volta mamma- decide di dedicarsi anche ad altro e ritiene che questo "altro" la faccia sentire appagata e serena e sia conciliabile con il suo ruolo di madre, io dico: perchè no? Perchè doversi giustificare per questo?
    Quasi quasi mi trasferisco nelle Filippine!
    La "conciliazione" lavoro-famiglia è un argomento che mi sta molto a cuore (come avrai notato dal calore del mio commento!) e ne ho parlato anche io in un post del mio blog (ti lascio il link, nel caso ti vada di darci un'occhiata!)

    http://www.cheforte.it/blog/entry/274-uneducatrice-per-mamma-figli-o-lavoro-e-se-volessimo-tutti-e-due.html

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    Risposte
    1. Ho letto il tuo post: siamo sulla stessa linea. Sarebbe difficile non esserlo visto che è una condizione comune alla maggior parte delle mamme. Sarebbe interessante conoscere il punto di vista di una mamma che l'equilibrio l'ha trovato ed è realmente soddisfatta

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