mercoledì 8 febbraio 2012

I figli, la nostra traccia nel mondo

Ho letto una frase di un sociologo che mi è piaciuta molto. Interrogato sul calo delle nascite che ha colpito da tempo il nostro paese il professore ha risposto che la causa è da rintracciare nella sfiducia nel futuro che caratterizza i giovani e nell'instabilità economica delle giovani generazioni. 

Ma ha inoltre aggiunto che anche se un figlio può essere un'ulteriore preoccupazione dal punto di vista economico, rappresenta un riferimento sicuro dal punto di vista affettivo. In questo senso può essere considerato un rifugio del cuore.

Sì lo so qual é la replica. Senza lavoro e senza soldi non si può pensare a fare un figlio. Eppure io nella considerazione del sociologo mi ci sono riconosciuta. Perchè quando ho scelto di diventare mamma ho acquisito un valore aggiunto, una forza nuova. 

Il lavoro non è soddisfacente? La vita sociale risente dei ritmi del bimbo? Pazienza. Ogni volta che torno a casa e guardo il mio cucciolo non esiste nulla di più importante.

Sono felice di aver visto i suoi piccoli progressi: ero con lui la prima volta che ha tenuto un giochino in mano, la prima volta che ha camminato, la prima volta che ha avuto la febbre, la prima volta che ha visto la neve. Nulla è paragonabile a tutto questo.

Posti di lavoro ne ho cambiati diversi, ma quando torno a casa c'è sempre lui. Lui che per il solo fatto di esistere è stato la mia colonna nei momenti difficili, lui che con un sorriso mi apre il mondo.

E poi l'alternativa per la mia generazione non esiste. Noi siamo quelli che dobbiamo credere nella flessibilità che non esiste (perchè la vera flessibilità è quando trovi subito lavoro appena concludi un contratto), siamo quelli che non si sa se avremo la pensione, siamo insomma quelli che devono vivere il momento perchè non abbiamo basi per credere in un futuro economico stabile.

Insomma, il rifugio del cuore, i nostri figli, è l'unico che abbiamo.


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